sabato 27 agosto 2016

Il WWF Abruzzo Montano risponde all’amministrazione comunale di Collelongo



Altro che allarmismo gratuito: l’allarme dell’ARTA è di nove mesi or sono!

Apprendiamo, con stupore, che l’amministrazione comunale di Collelongo definisce il nostro interessamento sulle possibili interferenze con le falde acquifere e con il suolo dei fanghi conferiti nell’ex Cava “Le Grottelle”, come allarmismo gratuito. L’aggettivo gratuito è certamente esatto, in quanto noi volontari del WWF non siamo remunerati e lavoriamo gratuitamente a difesa dell’ambiente e della salute pubblica. C’è invece parecchio da dire riguardo al termine allarmismo. 
Sono passati 9 mesi dal sopralluogo effettuato il 26 novembre 2015 dall’Agenzia Regionale per la Tutela Ambientale (ARTA) dell’Abruzzo, e le analisi eseguite sui campioni di fanghi di industria cartaria conferiti all’impianto di Collelongo hanno restituito concentrazioni di idrocarburi pesanti C>12 pari a 3181 mg/Kg, ampiamente superiori (di oltre 600 volte) al limite consentito di 50 mg/Kg, come prescrive il D.Lgs. 152/2006. Sempre l’ARTA, nel corso del sopralluogo, ha verbalizzato che “la miscelazione non sia stata correttamente effettuata dalla ditta”. Anche l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana (ARPAT), in un’ispezione ambientale programmata sull’industria toscana producente i fanghi conferiti nell’ex Cava “Le Grottelle” di Collelongo della ditta Tamburro Remo, dichiarava la non conformità di tali fanghi per attività di recupero.
Il mancato rispetto delle norme tecniche e la non conformità dei fanghi ha determinato l’attivazione delle procedure per la messa in sicurezza d’urgenza del sito, previste dall’art. 242 del D.Lgs. 152/2006, emesse in data 14.12.2015 dal Servizio Attività Estrattive della Regione Abruzzo e il provvedimento della Provincia del 12/01/2016 di divieto di prosecuzione dell’attività di recupero rifiuti da parte della Ditta Tamburro Remo. 
Secondo la tempistica dell’amministrazione comunale di Collelongo, quanti mesi devono passare per far cessare l’allarmismo gratuito?
La gravità di quanto accaduto nel territorio di Collelongo sta anche nelle disposizioni impartite dalla Regione e dalla Provincia con i vari provvedimenti che, in base all’art. 250 del Testo Unico Ambientale, prevedono esattamente questo: “Qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo, ovvero non siano individuabili e non provvedano né il proprietario del sito né altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all'articolo 242 sono realizzati d'ufficio dal comune territorialmente competente”. 
Quali sono state le azioni mitigative, le misure applicate e le tipologie d’intervento messe in atto dalla ditta o, secondo l’art. 250, dal Comune, per prevenire lo stato di contaminazione, ed eliminare i pericoli per l’Uomo e l’ambiente circostante? 
Quali sono i risultati dei monitoraggi del pozzo Triolo, sito nel Comune di Collelongo, e dei pozzi a valle dell’area di bonifica prescritti in modo sistematico dall’Ente d’Ambito Abruzzo a tutela della falda acquifera sottostante? Pozzi ritenuti strategici e insostituibili per l’approvviggionamento idrico dei comuni di Collelongo, Trasacco, Luco dei Marsi ed Avezzano.
Inoltre, secondo il Servizio Gestione Rifiuti della Provincia, “dai formulari trasmessi risulta che la ditta ha iniziato l’attività di recupero rifiuti dal 22.03.2014, ossia prima della decorrenza dei 90 giorni dalla comunicazione di inizio attività trasmessa dalla ditta al competente SUAP ed in assenza delle prescritte garanzie finanziarie”. Chi doveva vigilare sulle attività svolte in anticipo nel territorio comunale e sull’inatteso traffico pesante per il relativo conferimento? A chi spettava il controllo della presentazione della fideiussione obbligatoria a favore del sindaco di Collelongo per il ripristino ambientale della cava? E l’intermediario emittente la polizza era autorizzato al rilascio di garanzie a favore di enti e amministrazioni? 
Infine, da conoscitori del territorio, ricordiamo che l’ex Cava “Le Grottelle”, autorizzata nel 1992 dal Comune di Collelongo, dal 1995 è all’interno di un Sito di Interesse Comunitario, denominato “Parco Nazionale d’Abruzzo”, facente parte della Rete Natura 2000 e l’elevata valenza naturalistica del sito è un fattore ESCLUDENTE per attività di risanamento ambientale con procedura semplificata. 
A noi del WWF Abruzzo Montano compete, qualora interpellati o a conoscenza di scelleratezze ambientali, studiare progetti, controllare e salvaguardare gratuitamente il nostro ambiente, il nostro delicato ecosistema nel quale non è consentito avere disattenzioni che possano determinare dei danni all’elevato patrimonio di biodiversità e conseguentemente alla salute umana.

venerdì 12 agosto 2016

Acqua bene comune




Considerazioni a margine della Conferenza dei servizi per l’ennesima captazione sul fiume Sangro

Il WWF Abruzzo Montano: “L’acqua è un bene comune e non un prodotto commerciale”

Il 10 agosto 2016, presso l’Ufficio di Avezzano del Servizio del Genio Civile Regionale, si è tenuta la Conferenza dei Servizi per l’istruttoria autorizzativa della captazione, a uso idroelettrico, di 3.000 litri al secondo di acqua pubblica dal fiume Sangro, nel Comune di Alfedena. Molti gli enti e le associazioni presenti, concordi nell’esprimere osservazioni in opposizione all’impattante progetto di derivazione. Presenti, tra gli altri, il sindaco di Scontrone dott.ssa Ileana Schipani, la dott.ssa Cinzia Sulli del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, la Proloco di Alfedena, le Associazioni Pescatori Aufidena, Pesca Sportiva e Arcipesca. Il presidente del WWF Abruzzo Montano, dott. Walter Delle Coste, ha motivato le obiezioni del WWF alla realizzazione della centrale idroelettrica con i risvolti negativi degli interventi sull’assetto naturale dell’alveo che, nel punto di presa, verrebbe modificato con l’innalzamento del livello di circa 20-25 cm, attraverso la sistemazione di massi di pietra cementati. Altro elemento negativo è l’intubazione delle acque per 2 km, con un significativo degrado ambientale e un possibile deterioramento della qualità delle acque (attualmente classificate come buone). Per intervento del WWF, è stato verbalizzato e messo agli atti l’Appello nazionale per la salvaguardia dei corsi d’acqua dall’eccesso di sfruttamento idroelettrico, per il rispetto della Direttiva Europea Acqua 2000/60/CE, per la tutela ed il recupero degli ecosistemi e della biodiversità. Nel discutibile parere espresso il 22 marzo 2016 dall’Autorità di Bacino del fiume Sangro, il giudizio di “prelievo NON COMPATIBILE con l’obbligo di non pregiudicare il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità definiti per il corso d’acqua interessato” cozza con il tragicomico finale “PARERE POSITIVO”. L’Autorità di Bacino, tra l’altro, non specifica le modalità di controllo sul rilascio del Deflusso Minino Vitale a valle dell’opera, e come si possa garantire la conservazione dei Siti Natura 2000, mettendo a rischio la presenza di specie faunistiche tutelate e protette rigorosamente dalla Direttiva Habitat, come la lontra europea (Lutra lutra), il barbo (Barbus plebejus) e il cobite (Cobitis taenia). Le osservazioni presentate sono finalizzate al rigetto del progetto da parte della Gestione Demanio Idrico della Regione Abruzzo, che dovrà esprimere il parere finale di autorizzazione, ed il WWF auspica che quantomeno venga prescritta la Valutazione di Impatto Ambientale. Inoltre, è stato chiesto di spiegare come mai l’Autorità Regionale Concedente del Dipartimento Opere Pubbliche, Governo del Territorio e Politiche Ambientali de L’Aquila non sia mai intervenuta con una sua  pronuncia (risultando in tal modo, nei fatti, favorevole alla concessione), e di chiarire la modalità di valutazione per assegnare il requisito di interesse pubblico ad opere idroelettriche ed energetiche, nel rispetto di tutte le altre normative esistenti a tutela dell’ambiente e contro il rischio idrogeologico, alla luce dei cambiamenti climatici in atto, che comportano eventi meteorologici estremi che, sempre più spesso, sconvolgono il nostro territorio. Il WWF si chiede inoltre come sia possibile, ancora oggi, considerare l’acqua un mero prodotto commerciale, ad uso privato, invece di proteggerla come bene essenziale, patrimonio unico ed insostituibile da tutelare e conservare per rispetto dell’ambiente e delle condizioni di vita delle generazioni attuali e future.

mercoledì 10 agosto 2016

Le tartarughe nidificano nel Golfo di Catania



Il WWF Abruzzo Montano colleziona una bella soddisfazione in Sicilia: il socio Tiziano Collacciani, dopo 11 anni di scarpinate su e giù per il Golfo di Catania alla ricerca di segni rivelatori dell’ovodeposizione di tartaruga marina (eventualità che venne ipotizzata dopo aver ascoltato i racconti di alcuni anziani), ha individuato insieme agli amici del WWF Sicilia Nord Orientale - coordinati dai biologi Carlo Camera e Oleana Prato - due nidi di tartaruga marina da cui stanno già spuntando le prime nate. Dopo la loro localizzazione, in località San Leonardo, i due nidi sono stati messi in sicurezza ed è stata avviata la sorveglianza, per difenderli dai pericoli derivanti dalle predazioni o dalle attività umane: le uova avrebbero potuto essere distrutte accidentalmente dagli ombrelloni, dalla pulizia meccanica della spiaggia o dal transito dei quad. Le tartarughe marine sono minacciate dall’inquinamento luminoso costiero, dal degrado ambientale dei siti di nidificazione, dal turismo eccessivo, dalle collisioni con i natanti, dalle catture involontarie, dall’interazione accidentale con le attrezzature da pesca (reti e palangari); un’altra minaccia che ha portato al declino della specie negli anni è l'ingestione di plastica: questi rettili infatti si nutrono anche di meduse e calamari, e molto spesso scambiano queste prede proprio con i sacchetti di plastica che trovano in mare.



martedì 9 agosto 2016

Problematica “Cinghiali”



Il WWF: togliere la gestione ai cacciatori e affidarla a esperti della fauna selvatica

“Le immissioni a scopo venatorio, iniziate dagli anni ’50, hanno sicuramente giocato un ruolo fondamentale nel creare la situazione di espansione e crescita delle popolazioni di cinghiale” (autori Pedrotti & Toso, 2001). 

Non sono le considerazioni di associazioni ambientaliste, ma le conclusioni di diversi studi e rapporti dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), l’organismo governativo deputato istituzionalmente a effettuare ricerca sulla fauna selvatica e a emanare pareri tecnici a favore delle pubbliche amministrazioni. È evidente, quindi, la responsabilità storica sulla proliferazione dei cinghiali delle associazioni venatorie e delle amministrazioni pubbliche loro compiacenti. 
Il problema è che fino ad oggi la gestione dei cinghiali non è stata affrontata in termini scientifici, ma esclusivamente in termini di ricerca del consenso della lobby dei cacciatori. Imputare alle aree protette la responsabilità dell’aumento della specie è una sciocchezza che non ha alcun fondamento. Chi si occupa di gestione faunistica sa che i cinghiali si muovono in aree di circa 2/3 km di raggio: andrebbero fatti quindi degli studi sul posizionamento delle zone di ripopolamento e cattura e delle aree cinofile, distribuite a macchia di leopardo e create proprio dagli Ambiti Territoriali di Caccia, con l’avallo delle Province. 
“La santa alleanza stipulata in questi anni tra cacciatori e Regione Abruzzo ha portato al disastro nella gestione faunistico-venatoria”, dichiara Luciano Di Tizio, delegato regionale del WWF in Abruzzo. “L’esempio più evidente è proprio la gestione del cinghiale, inadeguata e carente sotto il profilo tecnico e organizzativo. La Regione Abruzzo, non da oggi, è incapace di pianificare e coordinare le attività faunistico-venatorie: da anni è priva di un Piano Faunistico Venatorio aggiornato e non si è dotata dell’Osservatorio Faunistico Regionale, previsto dal 2004 e mai realizzato. Chi parla di fauna, lo fa spesso senza avere dati certi. Come si fa a gestire un problema di cui non si conosce neppure la reale portata? È notizia di pochi giorni fa che la Regione Abruzzo non ha fornito all’ISPRA neppure i dati 2014/15 sui tesserini venatori. Come si fa a pianificare l’attività faunistico-venatoria e a ridurre l’impatto sulle attività antropiche delle specie problematiche in queste condizioni?”
Da anni il WWF sostiene che alle imprese agricole andrebbe riconosciuto un ruolo più rilevante nella gestione del cinghiale, non solo perché costituiscono la categoria che maggiormente subisce disagi, ma perché, se coinvolte nel modo corretto, possono essere una componente strategica per la riduzione del danno. Purtroppo, fino a quando le organizzazioni agricole continueranno a farsi rappresentare da cacciatori all’interno dei comitati di gestione faunistica (Ambiti Territoriali di Caccia e Consulte provinciali per la caccia), prevarranno gli interessi venatori su quelli agricoli. 
Ora l’obiettivo di cacciatori e di alcuni funzionari della Regione Abruzzo sembra essere quello di aprire la caccia nei luoghi più agognati: le aree naturali protette. Si tratta di un’ipotesi - ovviamente non condivisa dal mondo ambientalista - che contiene in sé la prova del fallimento delle politiche gestionali in materia faunistico-venatoria della Regione che, oltre a non avere un Piano faunistico-venatorio da anni, non ha mai concretamente attuato le “Linee guida per la gestione del cinghiale nelle aree protette” (ISPRA), e non ha mai fatto approvare le aree contigue dei parchi, dove gestire la caccia in modo razionale, creando delle zone-cuscinetto tra parchi e resto del territorio. 
In altre regioni si è riusciti a ridurre notevolmente i danni in agricoltura con una gestione un minimo più razionale delle dinamiche faunistiche. Sarebbe sufficiente decidersi a compiere le scelte sulla base delle evidenze scientifiche e non ascoltando solo le chiacchiere da bar dei cacciatori! Prevenzione dei danni, catture nelle situazioni problematiche e un sistema di indennizzi efficace proprio nelle aree protette sono soluzioni applicabili, se effettivamente si vuole ridurre il problema. 
Il WWF rinnova l’invito alla Regione a organizzare, con tecnici indipendenti non legati alla lobby venatoria, un momento di confronto vero e non - come tante volte è accaduto in passato - precostituito, per confermare una scelta già assunta aprioristicamente.

sabato 6 agosto 2016

Fanghi industriali dalla Toscana



Fanghi industriali dalla Toscana sversati nella Cava “Le Grottelle” a Collelongo

C’è un'elevata permeabilità del suolo: richiesto il monitoraggio sistematico dell’acqua di falda utilizzata per dissetare i cittadini di Villavallelonga, Collelongo, Trasacco, Luco dei Marsi e Avezzano

Un'altra emergenza ambientale sta emergendo dalla naturale quiete della Vallelonga. Dopo i titoli, comparsi anche su giornali nazionali, sullo scempio d'asfalto all’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, con il sequestro del cantiere e l'avvio di indagini da parte della Procura della Repubblica, irrompe un altro caso. Si tratta del conferimento di fanghi presso la cava “Le Grottelle” a Collelongo, confinante con l'ex discarica già sequestrata. Fanghi provenienti da stabilimenti industriali della Toscana, nei quali una società di Lucca produce carta igienica ecologica. Nell’ambito di un controllo a campione, eseguito dall’ARTA in data 26/11/2015, è emerso che i rifiuti provenienti dagli stabilimenti di Porcari e di Diecimo, in provincia di Lucca, e conferiti alla cava gestita dalla Ditta Tamburro, non rispettano i limiti previsti dalla normativa, superandoli per centinaia di volte. Parliamo di idrocarburi pesanti denominati C10-C40, composti moderatamente volatili, trovati nelle matrici ambientali e derivanti da processi di disinchiostrazione nel riciclaggio della carta, che dovrebbero essere miscelati con terriccio. Nei suoi controlli, l’ARTA ha altresì evidenziato che la miscelazione non viene effettuata correttamente, in quanto è stata riscontrata la “presenza superficiale di un materiale non miscelato a terreno, delle stesse caratteristiche visive e olfattive del rifiuto conferito”.
La Provincia de L’Aquila aveva ordinato alla ditta la rimozione del materiale entro sei mesi, a decorrere da gennaio 2015, ma ad oggi il materiale inquinato è ancora presente nel sito. Nell’ultima Conferenza di servizi, tenutasi il 24 giugno 2016, e alla quale la ASL non ha presenziato, tali risultati hanno portato l’Ente di Governo del Servizio Idrico Integrato d’Abruzzo a richiedere importanti prescrizioni, a cominciare dai “monitoraggi sistematici della qualità dell’acqua prelevata da falda acquifera e riservata al consumo umano, vista l'elevata permeabilità del suolo rilevata”. E ancora: “Vista la direzione del flusso idrico della falda verso la piana del Fucino, confermata dal piano di caratterizzazione, è necessario eseguire un monitoraggio anche a valle dell'area di bonifica, in particolare per la presenza dei campi pozzo di Trasacco, fonte strategica prioritaria e insostituibile di alimentazione idrica dei territori comunali di Trasacco, Luco dei Marsi ed Avezzano”. Tutto questo per la vicinanza della cava con la sorgente Triolo e all’acquedotto del CAM.
Il presidente del WWF Abruzzo Montano Giuseppe Walter Delle Coste, informato di questo nuovo allarme ambientale e sanitario dai consiglieri di minoranza del comune di Collelongo, pone un quesito: “Il monitoraggio è fondamentale ed è bene averlo richiesto. Viene tuttavia da chiedersi che cosa accadrebbe se la falda finisse con l’essere contaminata e soprattutto: perché non si applica in un caso così evidente il principio di precauzione, a tutela della salute dei cittadini marsicani?”

venerdì 5 agosto 2016

Strada Prati d'Angro: azioni necessarie



Prioritario demolire il tratto abusivo e limitare l'accesso

Le associazioni ambientaliste WWF, Salviamo l’Orso, Pro Natura e Legambiente hanno partecipato, in data 4 agosto 2016, alla riunione straordinaria dell’Autorità di gestione del PATOM, convocata a Roma dal Ministero dell’Ambiente. Sui risultati dell’incontro è stata elaborata una relazione sintetica che si può consultare sul sito del Ministero. Al di là della sintesi, le suddette associazioni ribadiscono “come non si possa in alcun modo derogare al rispetto del principio di legalità, soprattutto all’interno di una importantissima area protetta quale il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, in una zona di particolare rilievo per la conservazione dell’Orso bruno marsicano, patrimonio dell’intera umanità. Ricordano, inoltre, che tra i compiti del Parco c’è certamente anche quello - recentemente richiamato dal Consiglio di amministrazione dell’Ente - di favorire l’avvio di modelli gestionali che contemperino la tutela e lo sviluppo turistico, purché ciò avvenga con progetti a basso impatto ambientale. Confermano quindi che per loro, come è stato giustamente sottolineato anche dall’Autorità di gestione del PATOM, è necessaria l’azione di ripristino dello stato dei luoghi ed è indispensabile limitare l’accesso attraverso l’apposizione di una sbarra di chiusura della strada dei Prati d’Angro, in località Madonna della Lanna, in modo da consentire il passaggio ai soli autorizzati aventi diritto ed esclusivamente di giorno, con chiusura totale durante le ore notturne. Quello che è accaduto, al di là dei futuri esiti dell’inchiesta giudiziaria in corso e degli interventi pubblici a tutela dell’area protetta diffusi in questi giorni dalle associazioni, rappresenta un’immotivata aggressione all’autorità del Parco che va invece difesa e ribadita, a salvaguardia della natura, della legalità e della civile convivenza. Tutto questo nella convinzione che scelte diverse e moderne possono fare della difesa della natura un formidabile volano per lo sviluppo, anche economico, di un territorio che sicuramente non può essere legato ad antistorici impianti di risalita, resi ormai perfettamente inutili e dannosi dai cambiamenti climatici in corso”.

lunedì 1 agosto 2016

Lettera aperta al Presidente D'Alfonso



Promuovere un'operazione trasparenza sul progetto di modifica del tracciato autostradale A24 e A25

Trasformare il cittadino e l’impresa in parte attiva verso la decisione ed aiutare il miglioramento con il proprio parere, creando dei processi di partecipazione alle politiche regionali ed alla gestione dei servizi a tutti i livelli istituzionali, incentivando l’utilizzo e la fruizione di nuove tecnologie

Gent.mo Presidente D’Alfonso,
la frase che abbiamo posto in apertura di questa nostra lettera aperta, Le suonerà probabilmente familiare.
È naturale che sia così. Queste parole, infatti, fanno parte del programma elettorale “L’Abruzzo vale” con il quale Lei e la Sua coalizione Vi siete presentati agli abruzzesi, ottenendo il mandato a governare la nostra regione nel quinquennio 2014-2019.
La corretta e preventiva informazione, la partecipazione dei cittadini ai processi decisionali, l’accessibilità ai dati, costituiscono gli elementi fondanti di un buon governo. “Conoscere per deliberare”, scriveva Luigi Einaudi, perché è ovvio che solo cittadini e amministratori consapevoli e informati possono compiere scelte corrette.
Il passaggio del Suo programma che abbiamo richiamato all’inizio di questa lettera aperta ci fa ritenere che anche Lei intende porre al centro del Suo agire amministrativo il diritto dei cittadini ad essere informati e a poter partecipare alle scelte importanti per il territorio.
Ed è proprio per questo che, a nome delle associazioni che rappresentiamo, che hanno anche in Abruzzo migliaia di soci e sostenitori, Le chiediamo di avviare subito una vera e propria operazione “trasparenza” sul progetto del “Gruppo Toto” di modifica del tracciato autostradale della A24 e della A25. Tali ipotizzate varianti, infatti, stanno creando la giusta preoccupazione in quanti hanno a cuore la tutela e la valorizzazione dell’ambiente. Come in altre occasioni in passato (terzo traforo del Gran Sasso, Centro Oli di Ortona, piattaforma petrolifera Ombrina Mare, ecc.) un vasto movimento fatto di associazioni, comitati, amministrazioni locali, operatori economici, forze sindacali e politiche, sta manifestando la propria contrarietà verso un’opera che, per quanto è emerso fino ad oggi, con il suo enorme carico di trafori, viadotti e bretelle, rappresenterebbe uno stravolgimento di ambienti naturali di straordinario valore e infinita bellezza, che gli abruzzesi hanno saputo sinora conservare per le future generazioni, e un potenziale gravissimo vulnus per il bene più prezioso della collettività: l’acqua.
Nel dibattito che si è animato, non abbiamo visto finora una posizione chiara da parte della Regione. E, soprattutto, non vi è stata da parte del Governo regionale quell’azione di comunicazione e messa a disposizione dei dati che ci si aspetta da chi ha chiesto di essere eletto affermando il valore della partecipazione dei cittadini ai processi decisionali.
Con questa nostra lettera aperta, Le rivolgiamo quindi un invito pressante a farsi promotore di un confronto con gli abruzzesi sul progetto di modifica del tracciato autostradale, al fine di poter conoscere nel dettaglio i contenuti degli interventi ipotizzati, l’attuale iter autorizzativo, le fonti di finanziamento e le iniziative fin qui assunte dalla Regione Abruzzo.
Certi di un Suo rapido riscontro, Le inviamo distinti saluti.

WWF (Luciano Di Tizio)
Legambiente (Giuseppe Di Marco)
Pro Natura (Piera Lisa Di Felice)
FAI (Massimo Luca Dazio)
Italia Nostra (Paolo Muzi)
Marevivo (Paola Barbuscia)
Archeoclub (Giulio De Collibus)