mercoledì 31 luglio 2013

Avezzano nuoce gravemente al verde pubblico

E dopo il taglio dell’albero in Piazza Risorgimento per far posto al busto in pietra e metallo di Camillo Corradini ecco che ad Avezzano si continua a nuocere gravemente al verde pubblico. 


Stavolta si tratta di realizzare due progetti e per farlo hanno tagliato di netto 20 alberi di Robinia.  Un progetto prevede la realizzazione della rotatoria di Piazza Orlandini, l'altro quello della sistemazione del sagrato e dintorni della Parrocchia SS. Trinità su Via Garibaldi, vicino all'incrocio con Via Colonna. Non solo hanno ben pensato di tagliare gli alberi, ma persino di ridurre  di un  metro e mezzo la larghezza dei marciapiedi per far posto ad altri parcheggi per le auto! Così funziona nella metropoli Marsicana: lì dove esistono parcheggi auto, questi vengono occupati da brutti e fastidiose gabbie di vetro e metallo dove gli avezzanesi sostano per un aperitivo e lì dove ci sono alberi e verde urbano mettono i parcheggi!
E pensare che nel 2011 proprio questa città ospitò presso il Castello Orsini un convegno in cui l'urbanista Georg Josef Frish, sottolineava che per migliorare la qualità della nostra città bisogna ridurre lo spazio alle auto! Si predica bene ad Avezzano ma si razzola davvero molto male.

Premesso che si sta violando una legge regionale che tutela gli alberi inseriti nel paesaggio urbano disciplinandone l’eventuale taglio, ci si chiede se a quest’opera non si possano valutare soluzioni alternative e più decorose. Tanto per fare un esempio: ciò che la gran parte degli avezzanesi ignora è che in fondo a Via Garibaldi c’è l'Aia dei Musei che ospita il Museo lapidario, famoso in tutto il mondo tra gli studiosi grazie ai pezzi unici e di valore inestimabile qui conservati. Se Avezzano fosse stata una città all’avanguardia amministrata in modo etico, consapevole, socialmente ed economicamente utile  oggi in Via Garibaldi avremmo visto operai impegnati nella costruzione di una pista ciclabile o nella manutenzione dei marciapiedi, valorizzandoli  e, ove necessario, ampliandoli, consentendo così alle scolaresche, alle famiglie o ai gruppi di amici di poter raggiungere il museo a piedi, in bicicletta, in tutta sicurezza e accompagnati dalla bellezza e dall’armonia del verde urbano. Modello virtuoso di mobilità e architettura urbana sostenibile dal quale ahinoi questa città è davvero troppo lontana.

E se proprio si voleva intervenire sui marciapiedi, allora perché non riparare quelli situati sempre su Via Garibaldi dopo l'incrocio con via sant'Andrea? Questi sono completamente frantumati e pericolosi per la sicurezza dei pedoni! E la situazione è simile anche in altre parti della città.E’ inaccettabile che una rotatoria o la risistemazione del sagrato di una chiesa diventino il pretesto per eliminare alberi e ridurre marciapiedi. Ancora una volta si interviene sull’aspetto urbanistico di questa città senza fare un vero salto di qualità in avanti!

La strage degli innocenti

Un intervento tanto dissennato non si vedeva dai tempi della Giunta Spallone, che dispose la riduzione dei marciapiedi e l’abbattimento di magnifiche alberature urbane.

Scellerata è l' operazione di taglio ed espianto di decine di imponenti alberi di robinia (Robinia pseudoacacia) che l’Amministrazione comunale di Avezzano ha già eseguito in Piazza Orlandini, e sta proseguendo in Via Garibaldi  a fianco della Chiesa della SS. Trinità.

Si tratta di un fatto gravissimo e illegale: ci chiediamo chi abbia potuto disporre un intervento così assurdo che oltre a contrastare con le regole della tutela ambientale, del decoro e dell’arredo urbano, contrasta palesemente con l’art. 6 della legge regionale Abruzzo n. 12 del 28 maggio 2013 e con l’art. 9 della legge regionale Abruzzo  n. 38 del 1982”.

Entrambe le norme, infatti, impongo limiti all’abbattimento, all’estirpazione e al danneggiamento di “alberi monumentali, dei filari e delle alberate di particolare pregio paesaggistico, naturalistico, monumentale, storico e culturale”.

Ricordiamo ancora una volta che la città di Avezzano ha aderito ad Agenda 21 a alla Carta di Aalborg: entrambi i documenti rappresentano un ampio programma di pianificazione e azione volto alla creazione di un modello urbano sostenibile, con particolare attenzione al verde pubblico fondamentale nello svolgere funzioni sociali, ricreative, igieniche, culturali, estetiche ed architettoniche.

Per quanto riguarda la questione “verde urbano” è triste dover constatare che le decisioni dell’amministrazione comunale continuano non solo ad essere in contrasto con le Norme ed i principi di sostenibilità, ma che le dichiarazioni contenute nel programma elettorale (attenzione al decoro urbano, alla tutela dell’ambiente e dei pedoni) sono rimaste tali, senza alcun seguito concreto.
Si prosegue in politiche scellerate che da decenni rendono la nostra città sempre più degradata sia dal punto di vista estetico che ambientale. 

Invitiamo i cittadini ad inviare email di protesta al Comune di Avezzano:  Indirizzo email

giovedì 4 luglio 2013

Bussi: il Governo azzera la bonifica

Colpo di spugna sulla bonifica a Bussi? Con il “Decreto del Fare” la salute dei cittadini subordinata al profitto delle aziende. Nel provvedimento anche una nuova spinta a favore della Centrale Powercrop ad Avezzano. Il WWF:" inaccettabile, i parlamentari abruzzesi assicurino l'impegno per cambiare le norme in sede di conversione in legge"


Il WWF lancia un appello ai parlamentari eletti nella regione affinché si mobilitino nei prossimi giorni per tutelare la salute e l'ambiente degli abruzzesi cambiando due norme letteralmente dirompenti contenute nel cosiddetto “Decreto del Fare” che ora è all'esame del Parlamento per la conversione in legge.  Infatti, il testo voluto dal Governo può portare ad effetti gravissimi sulla questione della bonifica del sito di Bussi (nonché di tutti i siti inquinati presenti nella regione, come il Saline-Alento e l'area industriale di Chieti) e sulla vicenda della Centrale Powercrop ad Avezzano.

La prima norma, contenuta nell'art.41, riguarda le bonifiche dei siti inquinati. Addirittura, anche in caso di conclamato impatto sulla salute dei cittadini (invitiamo a leggere l'incredibile formulazione del testo!), si subordina la rimozione delle cause che hanno portato all'inquinamento delle falde acquifere alle esigenze economiche delle aziende coinvolte. Sostanzialmente, in caso di “insostenibilità economica” (il decreto non precisa neanche in che termini, basterà un'autocertificazione?), invece di rimuovere terreni inquinati e rifiuti sotterrati si potrà agire solo sugli effetti e, cioè, limitarsi a trattare le acque inquinate, senza limiti di tempo. Si interviene, quindi, sui sintomi e non sulla cura della malattia. A peggiorare, se possibile, il quadro, il decreto indica che il trattamento delle acque deve assicurare solo una “attenuazione” e “riduzione” del livello degli inquinanti che fuoriescono dal sito inquinato attraverso le acque, senza precisare valori. Pertanto se si passa da valori 1000 volte superiori ai limiti a “solo” 500 volte le soglie, un'azienda potrebbe dire di aver rispettato il dettato del Decreto? Il tutto per sostanze cancerogene e tossiche con impatto devastante e, in alcuni casi, permanente, sull'ambiente e sulla salute della popolazione. 
Il caso di Bussi potrebbe essere paradigmatico per l'applicazione di queste incredibili norme che mettono alla mercé del profitto il diritto alla salute, visto che la vera bonifica potrebbe essere  rimandata sine die facendo permanere per i prossimi decenni il solo trattamento delle acque a valle dell'area inquinata. 

La seconda norma, contenuta nell'Art.9, a prima vista appare sacrosanta, visto che si applica ai casi di mancata spesa dei fondi comunitari, arrivando a commissariare le realtà che presentano ritardi. In realtà, il provvedimento di commissariamento può arrivare non solo per superare “inadempienze” ma anche per scavalcare non meglio precisate “criticità” facilitando l'iter amministrativo. La Regione sarebbe solo “sentita” prima del Commissariamento. 
Nel caso della mega-centrale a biomasse Powercrop, su cui il consiglio regionale ha espresso un chiaro dissenso, è facile prevedere la riproposizione di un commissario, dopo che quello nominato recentemente è decaduto a seguito della dichiarazione di incostituzionalità da parte della Corte Costituzionale di una norma voluta dal Governo Monti nel 2012 delle stesso tenore di quella rientrata ora dalla finestra nel cosiddetto “Decreto del Fare”.

Qui sotto il testo dei due articoli citati del Decreto.

ARTICOLO 41.
(Disposizioni in materia ambientale).

1. L’articolo 243 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

« ART. 243. (Gestione delle acque sotterranee emunte) 1. Nei casi in cui le acque di falda contaminate determinano una situazione di rischio sanitario, oltre all’eliminazione della fonte di contaminazione ove possibile ed economicamente sostenibile, devono essere adottate misure di attenuazione della diffusione della contaminazione conformi alle finalità generali e agli obiettivi di tutela, conservazione e risparmio delle risorse idriche stabiliti dalla parte terza.

2. Gli interventi di conterminazione fisica o idraulica con emungimento e trattamento delle acque di falda contaminate sono ammessi solo nei casi in cui non è altrimenti possibile eliminare, prevenire o ridurre a livelli accettabili il rischio sanitario associato alla circolazione e alla diffusione delle stesse. Nel rispetto dei princìpi di risparmio idrico di cui al comma 1, in tali evenienze deve essere valutata la possibilità tecnica di utilizzazione delle acque emunte nei cicli produttivi in esercizio nel sito stesso o ai fini di cui al comma 6.

3. Ove non si proceda ai sensi dei commi 1 e 2, l’immissione di acque emunte in corpi idrici superficiali o in fognatura deve avvenire previo trattamento depurativo da effettuare presso un apposito impianto di trattamento delle acque di falda o presso gli impianti di trattamento delle acque reflue industriali esistenti e in esercizio in loco, che risultino tecnicamente idonei.

4. Le acque emunte convogliate tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il punto di prelievo di tali acque con il punto di immissione delle stesse, previo trattamento di depurazione, in corpo ricettore, sono assimilate alle acque reflue industriali che provengono da uno scarico e come tali soggette al regime di cui alla parte terza.

5. In deroga a quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 104, ai soli fini della bonifica delle acque sotterranee, è ammessa la reimmissione, previo trattamento, delle acque sotterranee nello stesso acquifero da cui sono emunte. Il progetto previsto all’articolo 242 deve indicare la tipologia di trattamento, le caratteristiche quali-quantitative delle acque reimmesse, le modalità di reimmissione e le misure di messa in sicurezza della porzione di acquifero interessato dal sistema di estrazione e reimmissione. Le acque emunte possono essere reimmesse, anche mediante reiterati cicli di emungimento e reim missione, nel medesimo acquifero ai soli fini della bonifica dello stesso, previo
trattamento in un impianto idoneo che ne riduca in modo effettivo la contaminazione, e non devono contenere altre acque di scarico né altre sostanze.

6. In ogni caso le attività di cui ai commi 2, 3, 4 e 5 devono garantire un’effettiva riduzione dei carichi inquinanti immessi nel l’ambiente; a tal fine i valori limite di emissione degli scarichi degli impianti di trattamento delle acque di falda contaminate emunte sono determinati in massa.».


ARTICOLO 9.
(Accelerazione nell’utilizzazione dei fondi strutturali europei).

2. Al fine di non incorrere nelle sanzioni previste dall’ordinamento dell’Unione europea per i casi di mancata attuazione dei programmi e dei progetti cofinanziati con fondi strutturali europei e di sottoutilizzazione dei relativi finanziamenti, relativamente alla programmazione 2007-2013, lo Stato, o la Regione, ove accertino ritardi ingiustificati nell’adozione di atti di competenza degli enti territoriali, possono intervenire in via di sussidiarietà, sostituendosi all’ente inadempiente secondo quanto disposto dai commi 3 e 4 del presente articolo.

3. Le amministrazioni competenti all’utilizzazione dei diversi fondi strutturali, nei casi in cui riscontrino criticità nelle procedure di attuazione dei programmi, dei progetti e degli interventi di cui al comma 2, riguardanti la programmazione 2007-2013, convocano una Conferenza di servizi al fine di individuare le inadempienze e accertarne le eventuali cause, rimuovendo, ove possibile, gli ostacoli
verificatisi.

4. Ove non sia stato possibile superare le eventuali inadempienze nel corso della Conferenza di servizi di cui al comma 3, le amministrazioni, per la parte relativa alla propria competenza, comunicano all’ente territoriale inadempiente i motivi di ritardo nell’attuazione dei programmi, progetti e interventi di cui al comma 2 e indicano quali iniziative ed atti da adottare. In caso di ulteriore mancato adempimento, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione, l’amministrazione dello Stato, sentite le Regioni interessate, adotta le iniziative necessarie al superamento delle criticità riscontrate, eventualmente sostituendosi all’ente inadempiente attraverso la nomina di uno o più commissari ad acta.